Alessandro Benetton: “Con la mia famiglia mi prendo il tempo di vivere”

Ad Alessandro Benetton, erede di un impero dai colori dell’arcobaleno, il potere non gli ha comunque dato alla testa.

Un famoso proverbio italiano recita: “Chi va piano va sano e lontano!”. È un rispettabile adagio che tuttavia non si adatta al temperamento di Alessandro Benetton, imprenditore e nuovo presidente di Benetton Group, l’azienda di moda fondata dal padre Luciano e dai suoi fratelli e sorelle, nel 1965. A 49 anni, l’erede ha decisamente i tratti transalpini grazie alla sua rilassatezza e alla naturale eleganza. Per il resto, questo appassionato di sport sulla neve, sposato con l’ex campionessa olimpionica di sci Deborah Compagnoni, preferisce la velocità all’indolenza e il lavoro all’ozio. “Fin da bambino, non riuscivo a star fermo – spiega Alessandro Benetton – Una vera e propria pila elettrica”. A 12 anni, curioso di testare questo promettente giovane germoglio, la famiglia gli offre il suo primo stage in Benetton: otto ore al giorno, durante le quali il giovane pulisce le enormi caldaie che alimentano i telai del gigante della confezione. Trentasette anni dopo, l’uomo instancabile non ha perso nulla della sua energia. Ha semplicemente imparato a canalizzarla meglio, in un percorso senza passi falsi dove il suo temperamento mediterraneo si è mescolato con buona dose di flemma anglosassone. All’università di Boston, a Harvard, a Londra, presso la prestigiosa banca d’affari Goldman Sachs, Alessandro Benetton è diventato familiare con gli arcani della finanza e del business globale. Senza la tracotanza o il sussiego di Wall Steet o della City. Questo frizzante capitalista, che siede anche nel Consiglio di Amministrazione di Edizione, (la holding di partecipazioni della famiglia con investimenti nel settore abbigliamento, alberghiero, autostradale e aereoportuale che fattura diversi miliardi di euro), rimane insensibile alle sirene della megalomania. Non fuma grossi sigari, non frequenta le serate del jet set a Saint-Tropez, non esibisce segni esteriori della ricchezza di un padrone del mondo. “Per sapere dove stiamo andando, dobbiamo sapere da dove veniamo”, si lascia sfuggire a mo’ di spiegazione. Alessandro Benetton ha voluto condividere con noi questo sguardo retrospettivo in AB: a Playlife story, nome del suo libro racconto pubblicato da Mondadori Electa, e del suo marchio di abbigliamento. Qui si rivela collezionista di stivali da cowboy e trofei sportivi, amante di quelle piccole cose che fanno il sale della vita: gli sci, le tavole da surf, i vecchi mocassini che ancora indossa, gli abiti blu da perfetto uomo d’affari, la sua Harley Davidson, la sua T-shirt di Men Model Management di quando faceva il modello nei primi anni ’80. La sua memoria è fenomenale: “Conservo tutto. Aprendo i miei armadi e riscoprendo tutti questi oggetti della mia vita, mi sono reso conto che non ne ho dimenticato uno. Non mi piace il consumismo della moda usa e getta. Non ha sentimento”. Il parlare è rilassato. Al cinismo degli squali individualisti, Alessandro Benetton oppone la forza del cuore e della fatica: “Ecco perché credo nello sport. È uno strumento di benessere personale e sociale. Uno sportivo è abituato al rispetto delle regole, alle competizioni leali, al gioco di squadra”. E prima di tutto con la sua famiglia, la moglie Deborah e i loro tre figli, Tobias, Agnese e Luce. Lui, che da bambino aveva un padre dedito al lavoro, per principio intende godersi la famiglia. Confida: “Con la mia famiglia, mi prendo il tempo di divere. La sera, a cena, ascolto i miei figli che mi raccontano la giornata e, se riesco, li aiuto a fare i compiti”. Ogni fine settimana, Alessandro Benetton abbandona l’abito da capitano d’industria per indossare jeans e scarpe da ginnastica da avventuroso capo tribù che volentieri prende la direzione verso la montagna o il mare. Bicicletta, pattinaggio, calcio, sci, kitesurf…con loro, Alessandro Benetton si prende il tempo per godere di ogni momento…”Chi va piano va sano e lontano”? Certamente. Ma per andare lontano bisogna essere felici.

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