Intervista a Carlo Malinconico Castriota Scanderberg, Presidente Fieg

Presidente Carlo Malinconico, benvenuto su What’s Up! Qual è lo stato di salute dell’editoria giovane in Italia?
La risposta ha forse bisogno di qualche premessa. Se per “editoria giovane” si intende una tipologia d’informazione destinata al pubblico dei giovani, devo dire che forse finora da parte degli editori e dei loro giornali è mancata un’adeguata attenzione ai problemi, ai desideri, alle speranze, di una fascia di popolazione che, in prospettiva, è destinata ad alimentare il mercato della lettura. È innegabile, tuttavia, che notevoli sforzi in questa direzione sono stati fatti cambiando formati, design, impaginazione, contenuti per rendere più accattivanti anche per un pubblico giovanile. Testate che troppo spesso, in passato, hanno indugiato su temi destinati ad un pubblico adulto. Ne è prova la circostanza che il lettorato giovanile negli ultimi cinque anni non è diminuito, mantenendosi intorno al 13% del dato complessivo riguardante i lettori di un giorno medio. Però non è neanche aumentato e questo chiama in causa editori e redazioni perché compiano ulteriori passi nella direzione dei giovani.

Quali sono i mezzi effettivi forniti dalle Istituzioni per implementare un servizio così importante per la crescita, sia economica sia culturale, del nostro Paese?
È deludente doverlo dire, ma l’apporto delle istituzioni è pressoché nullo. Il pluralismo dei mezzi di informazione, invocato e declinato in tutti gli ambienti politici come strumento al servizio della costruzione di una democrazia compiuta, resta confinato nel limbo delle mere enunciazioni di principio. Per tradursi in prassi richiederebbe un’azione di politica industriale per dare vigore economico e prospettive alla stampa, in tutte le sue articolazioni operative. In realtà in questi ultimi anni – e non solo in concomitanza con la terribile crisi economica che ha investito l’economia mondiale i cui effetti in Italia sono stati accentuati dal pauroso disavanzo pubblico – l’intervento dello Stato si è più che dimezzato. All’inizio di quest’anno abbiamo assistito alla sparizione delle tariffe postali agevolate con conseguenze drammatiche per molte testate che diffondono gran parte delle copie prodotte in abbonamento. Gli abbonamenti, che rappresentano a mala pena il 9% del venduto, si ridurranno così ulteriormente, penalizzando la stampa italiana.

Nella realtà di oggi emergono – e talvolta con breve storia – iniziative editoriali di giovani imprenditori o appassionati. Talvolta periodici, free press o in edicola. Perché, malgrado una legge ad hoc, ancora non si riesce a distribuire equamente tra i vari media i budget degli inserzionisti, a privilegio della televisione?
La pubblicità è risorsa essenziale per tutti i mezzi di informazione. In Italia si assiste ad un’anomalia che ci accomuna ad alcuni altri paesi, il cui numero è inferiore alle dita di una mano. Circa il 60% degli investimenti pubblicitari va a finire nelle televisioni, mentre la quota della stampa si è ridotta al 28%. Una simile ripartizione non si riscontra in nessun altro paese ad economia avanzata, dove la stampa mantiene ancora il primato sul mercato. Il nodo centrale che non è mai stato sciolto riguarda i limiti alla pubblicità televisiva privi di efficacia, anche perché non vengono considerati nel conteggio dei tetti orari forme di pubblicità come le telepromozioni o come – per le improvvide modifiche apportate alla direttiva europea – il product placement. Insomma tutto concorre a rafforzare la posizione del mezzo televisivo, a scapito degli altri mezzi, perché è bene intendersi su questo punto sovente negato per ragioni di convenienza: la pubblicità è un mercato unico governato dal principio dei vasi comunicanti; ciò che va ad uno, viene sottratto ad un altro.

“Chi legge, si vede” è stata la campagna FIEG per la promozione della lettura dei giornali. Quali riscontri avete avuto? Quale reale grado di affezione alla carta stampa avete riscontrato tra i giovani?
La campagna è stata molto apprezzata da tutti i nostri interlocutori istituzionali. Abbiamo anche scelto, per raggiungere un pubblico più vasto, un linguaggio semplice ed efficace e delle immagini dirette, quasi provocatorie. Il senso della nostra iniziativa risiede nella necessità per un Paese democratico di poter contare su cittadini informati e consapevoli dei fatti del loro tempo e, pertanto, liberi. Ciò detto, è difficile misurare l’efficacia diretta di questo tipo di campagne di comunicazione. Posso solo dire che i lettori di giornali quotidiani stanno costantemente aumentando da anni, nonostante la concorrenza dei nuovi media. Anche per i giornali periodici, che pure hanno sofferto maggiormente la crisi di questi anni, il dato sulla lettura è confortante. Semplicemente, si deve fare più, da parte di tutti, non ultimo lo Stato. É necessario, infatti, che ci si avvicini alla lettura fin dall’età scolare, anche se – è inutile nasconderselo – l’atto di acquisto di un giornale è proprio di età più adulte.

Dott. Carlo Malinconico, quant’è importante secondo lei il mondo del web per le attività editoriali al giorno d’oggi? È sfruttato adeguatamente, come mezzo?
L’importanza del mondo del web per le attività editoriali è senza dubbio fondamentale e grande è l’attenzione delle imprese per le nuove piattaforme di distribuzione dei contenuti editoriali. Il problema è però rappresentato dal fatto che l’attuale sistema di accesso all’informazione sulle nuove piattaforme, essendo fondamentalmente gratuito, non genera adeguati ricavi per chi l’ha prodotta, perché l’utente paga essenzialmente il traffico dati ma non i contenuti fruiti. E’ vero che aumenta progressivamente il numero dei siti web di informazione che riescono a raggiungere un equilibrio tra costi e ricavi derivanti dalla pubblicità, ma la “volatilità” dei navigatori, a differenza della “concretezza” del lettore/acquirente del giornale stampato, produce un valore ridotto per gli inserzionisti. La conseguenza è che da un lato si assottigliano i ricavi dalla vendita di informazioni, fino a scomparire del tutto nel modello gratuito oggi dominante, dall’altro il basso valore del “contatto” del “lettore digitale” non è in grado di generare un flusso compensativo adeguato di ricavi pubblicitari. Con il passaggio dell’informazione di qualità dal giornale al web si realizza il paradosso di ampliare l’audience e di diminuire il fatturato. Uscire da questo paradosso è, per gli editori, la sfida dei prossimi anni.

Che consiglio concreto darebbe a un giovane che volesse cominciare una attività editoriale?
Nonostante le difficoltà dell’editoria di questi ultimi anni, ogni giorno vengono annunciate nuove iniziative editoriali. Sintomo che il mezzo – alludo a quello cartaceo – è ancora appetibile e anelato. Credo, però, che un’iniziativa editoriale che voglia guardare al futuro debba necessariamente tenere conto delle abitudini dei lettori o dei potenziali lettori e della loro incessante trasformazione e fondarsi anche, in modo integrato, sulle tecnologie digitali. I costi crescono, ma le probabilità di successo sono maggiori, se il progetto editoriale è ben centrato.

FONTE: Radio What’s Up

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