Davide D’Arcangelo: come innovare la PA. Dai concorsi alla formazione del personale esistente

Innovare la PA, occorre ricordare, non significa solo fare nuove assunzioni, ma agire sul personale già presente, in un contesto caratterizzato da una certa rigidità per quanto attiene le skill richieste”. A parlare è Davide D’Arcangelo, Vicepresidente del network Impatta e Responsabile Relazioni Esterne e PNRR di Fondazione Italia Digitale. L’esperto ha commentato il grande gap di competenze che caratterizza la Pubblica Amministrazione e il tentativo di colmarlo tramite nuove assunzioni, che però avvengono secondo una strategia più attenta ai numeri che alle qualità dei candidati.

La strategia sino ad oggi elaborata – osserva – pare più di tipo numerico, perché sappiamo quante persone verranno assunte a tempo determinato, e non qualitativo, poiché non ci si è concentrati realmente sul definire chi saranno i nuovi dipendenti, e soprattutto cosa saranno in grado di fare per mettere a terra i progetti PNRR”. Si prevede che entro i prossimi cinque anni verranno assunti circa 24mila professionisti, mentre con i concorsi espletati fino ad oggi sono stati messi a bando 14mila posti. “Numeri comunque esigui”, commenta Davide D’Arcangelo, “e non alla portata di tutti”, considerando che ai piccoli Comuni saranno destinati soltanto 150 milioni di euro. Se si aggiunge che entro il 2026 saranno 530mila i dipendenti in uscita, si fa presto a dedurre che “i nuovi ingressi sono insufficienti a coprire il personale che uscirà dal circuito”, finendo per rappresentare “una goccia nel mare delle necessità future”.

A peggiorare la situazione sono poi i metodi di reclutamento, che non sembrano dare giusto peso ai requisiti necessari per apportare valore e innovazione alle PA. “Il classico concorso non basta più: servono forme di ricerca attiva da parte della PA, mutuate dall’ambito privato. Solo così si faranno avanti candidati più giovani e motivati, capaci di rispondere alle sfide future”. Solo un paio di bandi “fanno preciso riferimento a settori quali il project management o le infrastrutture digitali”, sottolinea il Vicepresidente di Impatta, e tra i laureati assunti negli ultimi dieci anni, solo il 5,6% è specializzato in materie STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica).

Alla luce di questi dati, dichiara Davide D’Arcangelo, “è fondamentale, dunque, avviare un nuovo ciclo di formazione continua a fronte degli appena 40 euro spesi, nel 2020, per la formazione dei dipendenti pubblici”. Secondo l’esperto di Public Innovation Management si rende necessario, infine, un vero e proprio “percorso di riforma delle competenze”. Come riportato anche dalla Fondazione Openpolis, si dovrebbe agire su tre punti: formazione a distanza, comunità di competenze e supporto economico alla fondazione. Da un lato quindi corsi online “per il reskilling e l’upskilling del capitale umano” incentrati sulle priorità del PNRR e sulle “competenze manageriali necessarie per una Pubblica Amministrazione più moderna”, dall’altro comunità di competenze per sviluppare best practice all’interno della PA, e infine voucher formativi e supporto agli enti di piccole dimensioni.

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