Alessandro Benetton: “In Italia non si dà valore all’organizzazione”
Alessandro Benetton si racconta al meeting di Cl
Il popolo del Meeting di Comunione e Liberazione ha incoronato Alessandro Benetton. In centinaia hanno gremito la sala teatro dell’incontro. Tutti ad ascoltare in rigoroso silenzio. “L’uomo – spiega rivolgendosi ai tanti accorsi per carpire un’idea, una scintilla – l’individuo può fare la differenza: ognuno può farla e i giovani soprattutto se credono ancora che le invenzioni più importanti sono state fatte nei momenti di discontinuità e da persone con meno di trent’anni”. “Ero uno studente vispo – racconta Alessandro Benetton – ma nella media, poi ho incontrato il mio professore di filosofia, uno di quelli che ti fanno venire la voglia di essere migliore”. Da lì, “l’escalation: l’università negli Stati Uniti, l’esperienza in Goldman Sachs”. Tutte cose che “stupivano gli altri e, soprattutto me: non pensavo di avere queste capacità”. Poi, prosegue il numero uno del gruppo trevigiano, “l’ammissione ad Harvard, l’incontro e la tesi con Micheal Porter”, prima della “discontinuità” che fa cambiare la vita. La famiglia Benetton, infatti, decide di affidare l’azienda ad un manager esterno: “Apprezzo chi ha coraggio – mi disse mio padre – sorride ai giovani – ma tra te e il management scelgo il management”. Quindi la necessità di inventarsi un lavoro, e la “nascita di 21 Investimenti”, società di investimenti per le Pmi prima del ritorno alla guida del colosso di Ponzano Veneto. “Quello che manca in Italia è la cultura dell’organizzazione – esorta – non le diamo valore. Eppure – aggiunge – il valore dell’organizzazione, di fare squadra è impagabile, anche nei momenti di grande cambiamento”. Impagabile come il rapporto tra impresa e università, da rafforzare “perché non solo auspicabile ma obbligatorio”. “C’è tanta gente per bene – osserva Alessandro Benetton – più di quanta pensiamo. Anche questo governo, pur nella difficoltà del governo e gli errori in cui è costretto per far fronte a difetti accumulati su 30 anni – chiosa – è già dimostrazione della qualità di fondo che abbiamo.
FONTE: Il Gazzettino